✦︎
Gli esperti concordano: l'educazione sessuale e affettiva nelle scuole deve essere obbligatoria
12 maggio 2025
educazione sessuale scuola

In Italia a differenza di altri Paesi Ue, l’educazione sentimentale e quella sessuale non sono previste dai programmi e dalla Indicazioni nazionali come argomenti da insegnare e apprendere in maniera obbligatoria. Ora una proposta del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara mira infatti a regolamentare  l’educazione sessuale nelle scuole.

 Il provvedimento, ancora non reso pubblico nei dettagli, introduce l’obbligo del consenso informato dei genitori per qualsiasi attività didattica che tratti il tema della sessualità. Se il consenso viene negato, la scuola dovrà offrire agli studenti un’attività formativa alternativa. Su questo aspetto si è aperto un dibattito tra esperti ed addetti ai lavori.
In questa intervista pubblicata su Orizzonte Scuola Teresa Pepe del Centro Psicopedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti (CPPP)  evidenzia quanto sia importante che l'educazione sessuale divenga materia obbligatoria nella scuola pubblica.

Maria Teresa Pepe, scuola e famiglia ancora una volta potrebbero entrare in conflitto su una questione educativa di importanza cruciale.

“Sia a scuola, sia in famiglia mancano gli strumenti educativi per prevenire. A maggior ragione l’educazione affettiva non può essere interpretata come un progetto che nasce da una scelta che proviene dalle famiglie: dev’essere invece obbligatoria per legge. In ambito Ue gli standard sono del 2010 e noi siamo nel 2025, sono dunque trascorsi quindici anni e mentre molti Stati si sono allineati in Italia c’è sempre resistenza. Ci sono state tante proposte, fin dagli anni ‘70 ma non sono passate. Già in Lituania e in Ungheria l’educazione sentimentale è materia di studio, perché in Italia no?

Quali sono queste resistenze?

“Sono resistenze di ordine culturale e anche di natura politica, di destra e di sinistra, ma questo è un tema che dovrebbe essere trasversale e onnipresente dal punto di vista politico perché è un’emergenza e non si può perdere altro tempo”.

Il Ministro Valditara ha mosso le acque

“Il ministro ha fatto comunque un’azione su un tema che finora era silente e questa è sicuramente una buona cosa. Ma quello che viene fuori in termini di scelta e di consenso delle famiglie non va bene. Questa materia è ideologizzata. C’è paura che vengano passati certi valori invece gli standard europei parlano di un tema complesso che sta su più piani, non solo sul piano sanitario e medico ma anche dal punto di vista emozionale. È un tema che offre delle importanti competenze relazionali e sociali, che concernono il come stare con gli altri, e che vanno tenute insieme. La scuola è un ambiente di apprendimento sociale, non c’è scuola senza gruppo, investe il come sto io con gli altri? declinato a seconda dell’età. Ad esempio, nella scuola primaria riguarda il rapporto io e gli altri, la gestione del conflitto, il tema del pudore e del rispetto del corpo, il suo cambiamento, lo sviluppo. Nella scuola secondaria si misura con i primi innamoramenti, con le relazioni amicali, e così via”.

Dal vostro osservatorio vedete una richiesta secondo lei, che proviene dal basso?

“L’hanno chiesto gli studenti, e paradossalmente lo hanno fatto le scuole paritarie e non si capisce perché la scuola pubblica sia ancora tanto indietro”

Ma secondo lei i docenti sono attrezzati per parlare di questi temi a scuola?

“Manca la formazione degli insegnanti. Ci sono tanti progetti, magari delegati a specialisti, ma la scuola non si prende carico in maniera strutturale di tanti aspetti. C’è una mancanza nei percorsi formativi, penso alle università, a Scienza della formazione primaria, che non ha un insegnamento specifico, e invece i docenti potrebbero essere formati già lì oppure da Centri come il nostro che potrebbero insegnare tanto su questo punto”.

Comunque nelle scuole italiane qualcosa si muove da tempo, a livello di progetti e di interventi di esperti esterni.

“Quello che c’è già va bene ma andrebbe reso obbligatorio. Un esperto esterno fa una serie di interventi e poi va via, la positività dell’esterno da un certo punto di vista c’è, ma dall’altro lato fino all’età della primaria dove serve una vicinanza con gli adulti di riferimento a scuola sarebbe utile che fossero i docenti stessi della classe a trattare questi temi. E tuttavia se non c’è una formazione si rischia di fare dei danni. Il tema della formazione è importante”.

C’è timore tra genitori.

“Durante le riunioni vedo genitori che hanno paura. Paradossalmente i bambini ricevono molte informazioni, anche troppe, ma non sono adeguate e poi questo tema finisce per restare un tabù e invece occorre aprire le porte affinché non ci siano tabù e i ragazzi e le ragazze possano fare domande agli adulti di riferimento, che un po’ per volta daranno risposte a seconda delle fasce di età. L’altra cosa che mi preoccupa è che si dice che ci saranno degli elenchi di competenze. E chi certificherà queste competenze? Chi metterà il veto? Qui c’è un rischio ideologico. E quali informazioni saranno date ai bambini. A scuola sono stati invitati talvolta dei pornoattori”.

Da un eccesso all’altro. Voi invece come vi regolate nel vostro Centro?

“Noi non diamo informazioni in più ma prima chiediamo ai bambini, qual è il loro interesse e li coinvolgiamo con le famiglie, con domande maieutiche. La nostra proposta non è consiste nel dare un’indicazione ideologica su cosa si debba fare ma nel dare giuste informazioni in base alle domande portate dal bambino. Se ad esempio chiede come nascono i bambini o che cosa c’è nella pancia della mamma è ovvio che la narrazione partirà da lì. Non bisogna anticipare le tappe di sviluppo, né sanitizzare il tema, poiché non è solo una questione di apparati genitali ma riguarda lo stare con gli altri o le relazioni”.

Ma qual è l’emergenza di oggi rispetto al passato? Se andiamo indietro di mezzo secolo non è che ci fosse tanta educazione sessuale e i ragazzini la imparavano con il passaparola con gli amichetti più grandi e spesso anche con i giornaletti pornografici che ci si scambiava di nascosto

“La novità di oggi rispetto ai tempi in cui nelle edicole c’erano i teli che coprivano i giornali per soli adulti è rappresentata dal digitale. L’irruzione del digitale è fondamentale per comprendere la gravità della situazione. La visione di filmati digitali attiva nel cervello un sistema di ricompensa legato alla dopamina e i ragazzini hanno un crescente desiderio di guardare i video, così si crea una dipendenza da questi materiali visti precocemente che finiscono per creare dei traumi, infatti loro sono angosciati, li guardano per una coazione a ripetere per poter sostenere il trauma. In questo modo il bambino di 8 anni mette dentro che la sessualità è questo e in adolescenza si allontanerà dal contatto reale e paradossalmente gli adolescenti oggi sperimentano meno, spesso per ansia da prestazione. Se si pensa che in preadolescenza un brufolo cambia la giornata di un adolescente per il senso di inadeguatezza, per il non piacersi rendiamoci conto di che cosa può accadere rispetto a un’erezione o a un rapporto meccanico”.

Si può fare qualcosa di positivo?

“Bisognerebbe stanziare soldi per la formazione dei docenti e renderla una possibilità reale, non basta dare delle indicazioni. Serve inoltre uniformità a livello nazionale: non è possibile avere territori dove certe cose passano e dove invece non passano, l’istruzione è un diritto sia per gli apprendimenti sia per la crescita personale così come l’educazione civica e lo stare insieme.”

Paradossalmente gli insegnanti di religione cattolica trattano in qualche modo e sempre più diffusamente questi temi

“Questo vuol dire che gli insegnanti di religione cattolica riconoscono questo bisogno, occorre dunque uscire dallo stereotipo per cui parlare di educazione affettiva e sessuale vuol dire parlare solo dei rapporti intimi poiché vuol anche dire dare un nome ai sentimenti che provano, vuol dire riconoscere i cambiamenti del corpo, e tutta questa parte non può esser tralasciata perché è un bisogno che non c’entra con la religione né con la politica. Il dodicesimo rapporto del 2024 del Gruppo CRC lo mette tra i dieci passi per rendere migliore e garantire i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Ci sono tantissime ricerche che dichiarano che è necessario e che i ragazzi chiedono di aprire questi temi”.

Ci parla del progetto del Cppp “Dalle api al porno?

“Abbiamo lanciato la prima edizione di Dalle api al porno: è stato un webinar aperto ai genitori e ai docenti, ci sono stati molti iscritti e questo vuol dire che anche i genitori sono interessati, infatti fanno tante domande come: mia figlia si chiude in camera, chi deve parlarle dello sviluppo sessuale? Con questo webinar intendiamo dare strumenti in famiglia per poi continuare a parlare di questi temi a scuola. Per gli insegnanti invece abbiamo già strumenti attivi come i laboratori maieutici per ritrovarci e dare agli insegnanti la possibilità di tenere una porta aperta su questi temi”.

Che cosa chiedete in definitiva al governo?

“Che l’educazione sessuale e affettiva sia resa obbligatoria per legge con dei percorsi formativi per i docenti e che il rapporto con le famiglie sia di condivisione e non di approvazione dei contenuti”.

Che cosa succede, secondo lei, se non si cambia registro?

“Se non si apre all’obbligatorietà di questo tema il rischio è quello di lasciare tutto al porno e al digitale e soprattutto il rischio di non essere incisivi sul tema della violenza. Occorre attivarsi, non possiamo non prenderci cura delle relazioni, perché questo tema fa parte delle emergenze, come il cambiamento climatico”.